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La battaglia di Montebello - Stefano Deliperi




L’indipendenza d’Italia, nazione giovane davanti al consesso degli Stati nazionali europei, nasceva verso la metà dell’800 anche e soprattutto grazie a battaglie non decisive, ma fondamentali per il morale delle truppe sardo-piemontesi e per l’opinione pubblica indipendentista.
La battaglia di Montebello (20 maggio 1859) è proprio uno di questi avvenimenti. In realtà fu uno scontro di secondo piano nel quadro più generale della seconda guerra di indipendenza, combattuto tra la cavalleria sardo-piemontese e la fanteria francese contro l’esercito austro-ungarico.
La sconfitta degli imperiali austriaci, malgrado questi avessero schierato più uomini e mezzi, fu un ulteriore segno che confermò al Regno di Sardegna e all’Impero francese di Napoleone III l’inferiorità della preparazione e della determinazione delle truppe imperiali nello scacchiere del Lombardo-Veneto. 




Chi prese parte alla battaglia di Montebello.
I reparti che parteciparono al fatto d’arme furono i seguenti:


Impero di Austria-Ungheria:
4ª Divisione Principe d’Assia

  • 4° Reggimento Cacciatori dell’Imperatore
  • 3° Battaglioni del 31° Reggimento Culoz
  • 1° Battaglione del 61° Reggimento Zobel
  • 4° Squadroni del 12º Reggimento Ulani Francesco II - Re delle due Sicilie
  • 1° Battaglione dell’artiglieria da campo divisionale

8ª Divisione Paumgarten

  • 1° Reggimento Granatieri Licaner
  • 1° Battaglione del 49° Reggimento Hess
  • 1° e 3° Battaglione del 3° Reggimento Duca Carlo
  • 2° Battaglione Granatieri Oguliner
  • 27° Reggimento Kinsky
  • Artiglieria da campo divisionale

6ª Divisione Urban

  • 3° Battaglione Cacciatori
  • 1° Battaglione Granatieri Sluiner
  • 1° Battaglione del 39° Reggimento Don Miguel
  • Battaglione Gren del 59° Reggimento Arciduca Raineri
  • 40° Reggimento Rossbach
  • Ussari Haller
  • Artiglieria da campo divisionale

Regno di Sardegna e Impero francese:
1ª Divisione del I° Corpo d’armata Francese

  • Brigata Blanchard
  • 91° Reggimento di linea
  • 98° Reggimento di linea
  • 2 Battaglioni del 93° Reggimento di linea
  • Artiglieria da campo divisionale
  • Brigata Beuret
  • 17° Reggimento Chasseurs
  • 74° Reggimento di linea
  • 84° Reggimento di linea

Brigata Sarda di Cavalleria Leggera de Sonnaz

  • Reggimento di cavalleria Cavalleggeri di Aosta
  • Reggimento di cavalleria Cavalleggeri del Monferrato
  • Reggimento di cavalleria Cavalleggeri di Novara



La guerra.
La campagna di guerra era iniziata in modo precipitoso, quasi casuale, dopo un irrigidimento della diplomazia austriaca che aveva preteso – inutilmente – il disarmo del Regno di Sardegna con un ultimatum (22 aprile 1859), le cui intenzioni erano quelle di tacitare le insistenti voci di conflitto nello scacchiere italiano.
I disegni diplomatici erano noti: la Gran Bretagna sosteneva l’indipendenza italiana per creare un contrappeso alle potenze austriache e francesi nell’area del Mediterraneo, la Francia sosteneva il Regno di Sardegna per un rafforzamento a scapito dell’Impero di Austria-Ungheria, senza consentire l’unificazione nazionale ai danni dello Stato Pontificio, tradizionalmente sostenuto.
Aveva stipulato un patto difensivo (accordi di Plombieres, 1858) con il Regno di Sardegna: se attaccato, lo Stato Sardo avrebbe avuto il sostegno francese e compensi territoriali in cambio della cessione della Contea di Nizza e del Ducato della Savoia.
L’Impero di Austria-Ungheria, dal canto suo, puntava a mantenere il predominio sulla Penisola e il possesso del ricco regno del Lombardo-Veneto.
L’occasione era servita su un piatto d’argento.
Il Regno di Sardegna respinse l’ultimatum austriaco.
Subito venne dato seguito al piano di allagamento di ben 45 mila ettari di pianura piemontese per ostacolare le operazioni austriache.
Gli imperiali, ufficialmente gli aggressori, dovevano avanzare, ma non erano chiari gli obiettivi e i piani di attuazione.
Il governatore austriaco del Lombardo-Veneto, Francesco Gyulai de Nedraska (1798-1869), doveva prendere l’iniziativa, ma non ne aveva animo né direttive precise.
Il 29 aprile 1859 le truppe austriache uscivano dalla fortezza di Pavia per iniziare le operazioni militari.
Fra la fine di aprile e l’inizio del maggio 1859 le forze austro-ungariche vagarono fra il Po e il Ticino, fra la piana di Vercelli e l’Alessandrino senza alcuna iniziativa risolutiva.
Le uniche azioni gloriose dell’esercito imperiale erano le requisizioni di bestiame e di derrate alimentari nelle campagne, oltre che qualche ignobile atto terroristico verso la popolazione civile, come la strage della famiglia Cignòli , avvenuta il 20 maggio presso Torricella Verzate.
Nelle prime ore del mattino, durante le imponenti manovre di ricognizione che successivamente sfociarono nella battaglia di Montebello, una pattuglia austriaca operò una perquisizione in una fattoria isolata, trovando una vecchia fiaschetta di polvere da sparo ad uso caccia.
Tanto bastò ai militari per arrestare i membri maschi della famiglia Cignoli, poveri fittavoli del fondo, oltre ad alcuni conoscenti che si trovavano casualmente nell’aia: Pietro Cignoli (60 anni), Antonio Cignoli (50 anni), Gaspare Riccardi (48 anni), Girolamo Cignoli (35 anni), Antonio Setti (26 anni), Carlo Cignoli (19 anni), Bortolo Cignoli (18 anni), Luigi Achille (18 anni), Ermenegildo Sampelligrini (14 anni) vennero condotti sulla strada per Casteggio, dove sostava il comandante militare del settore, il feldmarescialllo Karl von Urban, che ne decise la fucilazione, eseguita immediatamente sul ciglio della strada.
Alcuni vennero lasciati ad agonizzare per ore, Pietro Cignoli – dopo la battaglia – venne rinvenuto ancora vivo e trasportato all’ospedale di Voghera, dove morì alcuni giorni dopo. 




La notizia di quel massacro si diffuse rapidamente e certo ebbe parte nel rafforzare la combattività e la determinazione dei Cacciatori delle Alpi, condotti da Giuseppe Garibaldi, che, la settimana successiva, affrontarono le superiori forze militari di Urban, infliggendo al feldmaresciallo austriaco le umilianti sconfitte di Varese e di Como.
L’eccidio colpì fortemente Camillo Benso, conte di Cavour, Primo Ministro sardo, che, nel pieno della guerra, ordinò un’immediata inchiesta giudiziaria e, il 12 giugno 1859, inviò una circolare a tutte le delegazioni estere del Regno di Sardegna, contenente il dettagliato racconto dei fatti, l’elenco delle vittime e le testimonianze raccolte.
L’assunto finale della circolare pregava gli ambasciatori di portare a conoscenza del fatto i ministri degli esteri presso i quali erano accreditati.
L’intento di Cavour, nell’impossibilità di procedere all’arresto di Urban, era certo quello di additare il feldmaresciallo austriaco al disprezzo internazionale come criminale comune e, forse, di attirare le simpatie dell’opinione pubblica europea verso la causa sardo-piemontese.
Quella circolare ebbe un effetto devastante e duraturo sulla reputazione di Urban che, da quell’anno, fu circondato dalla fama di comandante umanamente insensibile, quanto militarmente incapace.
Fama che, diciassette anni più tardi, lo spinse al suicidio.




La battaglia di Montebello.
L’indecisione austriaca non riuscì a impedire l’obiettivo primario fondamentale e scontato, il ricongiungimento delle forse sardo-piemontesi con quelle francesi.
Il 18-19 maggio la I Divisione francese del I Corpo d’Armata dell’Armèe d’Italie, comandata dal generale Elia Federico De Forey, avanzava verso Casteggio e Strabella con un forte contingente di cavalleria sardo-piemontese, comandato da Maurizio Gerbaix de Sonnaz, uno dei più coraggiosi e capaci ufficiali di cavalleria dell’esercito subalpino.
Il 20 maggio – senza alcuna precedente iniziativa di ricognizione da parte alleata e da parte austriaca – le rispettive avanguardie si scontrarono quasi casualmente.
Alle 11.30 il 1° e, successivamente, il 3° squadrone dei Cavalleggeri di Novara combattevano lungo la Via Emilia contro una colonna austriaca avanzante.
Più o meno alla medesima ora, i Cavalleggeri di Aosta (2° squadrone) caricavano reparti di fanteria austriaca a Calcababbio, nelle vicinanze.
Seguiva la Divisione di fanteria francese, preceduta da due squadroni dei Cavalleggeri del Monferrato: verso Casa Nuova, sul Fosso del Fossagazzo, venivano duramente impegnati da un forte contingente di fanteria austriaca, che subiva un contrattacco sul fianco da parte dei Cavalleggeri di Novara (2° e 3° squadrone).
Dopo la prima fase degli scontri, i 20 mila austro-ungarici erano schierati su un fronte di circa 10 km., fra Branduzzo e Menestrello.
E’ su quest’ultimo centro che si concentrarono gli attacchi francesi (ore 14.15).
Gli austriaci riuscirono a respingere il primo attacco, ma non furono in grado di sfruttare la possibilità del contrattacco.
Verso le 15.15 un secondo attacco francese, agevolato da ripetute cariche dei Cavalleggeri di Novara, aveva maggiore successo e gli austriaci dovevano abbandonare l’abitato.
A Montebello avvenne l’ultima parte della battaglia: le brigate di fanteria francesi Beuret e Blanchard attaccarono verso le 16.30 e, dopo, un’accesissima lotta, riuscirono a far sloggiare (ore 18.00) gli austriaci dal paese con l’aiuto di importanti cariche della cavalleria sarda.
Negli stessi momenti, nella piana sottostante, i Cavalleggeri di Monferrato riuscivano – con ripetute cariche – a fermare e frammentare una forte colonna austriaca appoggiata da batterie di artiglieria.
Moriva eroicamente alla testa dei cavalleggeri il loro comandante, ten. col. Tommaso Morelli di Popolo.
Sotto l’incessante spinta della Cavalleria sardo-piemontese e della fanteria francese, le truppe austro-ungariche iniziarono a ritirarsi verso Stradella e lasciarono il campo.
Il comandante francese del settore, il gen. De Forey, disse semplicemente: “La cavallerie sarde à fait merveille”.
L’espressione, sintetica e netta, afferma chiaramente il ruolo dei cavalleggeri.
I francesi ebbero 92 morti, 529 feriti e 69 prigionieri, i sardo-piemontesi 17 morti, 31 feriti e 3 prigionieri, gli austriaci ben 331 morti, 785 feriti e 307 prigionieri o dispersi.




Il 25 maggio 1859 il re Vittorio Emanuele II emanava un ordine del giorno di plauso ed encomio per la brigata di cavalleria sarda:
Il 20 di questo mese la brigata di cavalleria, composta dai Cavalleggeri di Novara, Aosta, di parte dei Cavalleggeri di Monferrato e comandata dal prode generale Maurizio de Sonnaz, copriva co’ suoi avamposti la destra francese al di là di Voghera.
Assalita ivi dall’intero corpo austriaco agli ordini del generale Stadion, con vigorose e replicate cariche ritardava l’avanzarsi delle poderose colonne nemiche, finchè le prime truppe delle divisione alleata del generale De Forey accorrendo, entravano in linea.
Giunte queste, con altre animose cariche secondava il loro attacco, contribuiva alla splendida vittoria di Montebello e riscuoteva l’ammirazione degli alleati.
Sua Maestà apprezza altamente la bravura e la maestria della cavalleria, che colà combatteva e si compiace di far noto all’esercito com’essa abbia aggiunto alla gloria delle armi italiane e siasi meritata la riconoscenza del Re e della Nazione.
Sua Maestà fa palese all’Armata il nome dei militari che per singolar coraggio, per intelligenza e per vigoria di comando trovarono modo di segnalarsi sopra gli altri valorosi.
A questi Sua Maestà conferisce quelle ricompense che sono il premio dei forti e che entreranno nella storia i nomi dei prodi che sanno pugnare per la Patria.
Dal Quartiere generale principale, Casale, li 25 maggio 1859
Il Luogotenente generale capo di Stato maggiore dell’Armata Della Rocca

Seguiva l’elenco dei decorati e dei promossi per meriti di guerra.
L’epica giornata di Montebello entrava nella storia italiana e venne perpetuata anche con la costituzione di un nuovo glorioso reparto di cavalleria, i Lancieri di Montebello.




Dopo la battaglia di Montebello.
Era la prima grande vittoria per le armi alleate nella guerra.
Seguiranno Palestro, Magenta, Varese, Como, Solferino e San Martino a disegnare un bel pezzo dell’unità d’Italia.
Ma dopo la sanguinosissima battaglia di Solferino e San Martino, nonostante fosse ormai aperta alle forze franco-sarde la strada per il Veneto, l’imperatore Napoleone III ritenne più opportuno addivenire ad accordi di pace con l’Austria-Ungheria da posizioni di forza.
Le operazioni militari furono sospese.
L’11-12 luglio 1859 venne sottoscritto l’armistizio di Villafranca e il 10-11 novembre 1859 venne stipulata la pace di Zurigo.
Al Regno di Sardegna andava – tramite la Francia – la Lombardia, la Francia acquisiva la Contea di Nizza e il Ducato di Savoia grazie agli accordi di Plombieres, mentre l’Austria-Ungheria conservava il Veneto.
Nei Ducati di Modena e Parma, nel Granducato di Toscana e nelle Legazioni (Bologna), dove rivolte popolari avevano proclamato la volontà di annessione al Regno di Sardegna, sarebbero dovuti rientrare i legittimi sovrani, ma – grazie anche alle incontestabili doti diplomatiche del Cavour – il Regno di Sardegna acquisiva anche l’Emilia, la Romagna e la Toscana.
E il 1860 sarebbe stato anche l’anno dell’epica spedizione dei Mille.
Andava a compiersi il Risorgimento italiano.
Ormai le lancette della storia non potevano più esser riportate indietro.






Il diorama.
Il piccolo diorama rappresenta una carica dei Cavalleggeri di Aosta (2° squadrone) contro reparti di fanteria austriaca appoggiati da un pezzo di artiglieria.
Vi sono un paio di licenze storiche: è presente lo stendardo di Aosta e alcuni dragoni di Genova Cavalleria che – in realtà – non presero parte alla carica.
Un piccolo omaggio verso un glorioso reggimento di cavalleria che contribuì non poco al Risorgimento italiano.
I soldatini, i cavalli, il pezzo d’artiglieria sono tutti in metallo, 28 mm., della Mirliton.
I colori utilizzati sono gli acrilici Model, gli Humbrol e i Revell con pennelli “tre zero” e “quattro zero”, mentre l’ambientazione è ottenuta esclusivamente con elementi naturali: legno, pietre, foglie secche, licheni, ecc.






Bibliografia.

Marziano Brignoli, Montebello. 20 maggio 1859 – la prima vittoria, Iuculiano Editore, PV, 2001










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