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Sukhoi SU 22 M4 - Roberto Colaianni

Ed eccomi a pubblicare finalmente quello che, almeno dal punto di vista affettivo (se si può parlare di affetto nei confronti di un pezzo di plastica), considero “il mio modello”.
Non è una realizzazione recente, l’ho costruito nel lontano 2007, quando ancora il mio unico contatto col resto del mondo modellistico era rappresentato da Model Time e qualche altra rivista.
Poi, su incoraggiamento di Fabio, gestore di un ormai estinto negozio di modellismo a Udine, ho partecipato ai primi concorsi.
Adesso l’ho mandato in meritato pensionamento, anche perché gli amici del club sono stufi di vederlo in giro così come quelli di voi che frequentano assiduamente i concorsi.
Dopo questo sprazzo di insana vanità, vediamo qualche nota storica, come ho deciso di costruire questo soggetto e come è stato realizzato.



Foto © Luca Marin, tratta dal sito del GMPAT Padova. Più piccoli del vero 2009


Note storiche
Nel 1984, nell’ambito del programma di ammodernamento e potenziamento delle forze aeree della DDR, vennero presi in carico i primi Sukhoi 22, si trattava di 6 monoposto e 4 biposto da addestramento.
Contemporaneamente, due gruppi di 8 piloti, con precedenti esperienze di volo su MIG 21 e 23 effettuarono il passaggio macchina in Russia.
Un terzo gruppo, al terzo hanno d’ accademia aeronautica, sempre in Russia, venne addestrato sul nuovo velivolo, tra il 1985 e il 1987. I successivi piloti verranno addestrati tutti nella DDR.
Nel corso dei tre anni successivi, sulla nuova base di Laage, vennero completati in grande segretezza i due previsti gruppi di caccia-bombardieri: JBG 77 dell’aeronautica e MFG 28 della marina.
Ma il 3 Novembre 1990, in seguito della riunificazione della Germania, l’aviazione della DDR cessò di esistere. Uomini e mezzi vennero inizialmente incorporati nella Luftwaffe, che da li a poco, decise di radiare tutti i SU 22, avendo abbondanza di Tornado IDS, macchina dalle caratteristiche superiori.
La larga diffusione del velivolo in molti paesi al di fuori dell’Europa e potenzialmente ostili, ha fatto si che diversi esemplari abbiano continuato a volare intensamente, per valutarne le capacità belliche, negli Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e nella stessa Germania.
Il Sukhoi 22 M4, Fitter K nel codice NATO, è la versione da esportazione SU 17 M4, il più recente dei Fitter.
Si tratta di un potente caccia-bmbardiere, capace di volare a Mach 1.1 a bassa quota e 1.75 ad alta quota.
Il carico bellico supera le 4 tonnellate e comprende, oltre ai due cannoni da 30 mm nelle radici alari, anche missili aria terra a guida laser o televisiva, missili antiradiazioni, pod da ricognizione, missili Aria/Aria per l’autodifesa, un curioso pod con cannone a due canne da 23 mm che possono essere orientate verso il basso per gli attacchi contro obbiettivi a terra, e, naturalmente anche bombe e razziere.

Origine del progetto
Premetto dicendo che non sono un appassionato di aerei Russi e li conosco molto poco.
In una delle frequenti visite al negozio di Fabio, che frequentavo più per far salotto che per comprare, ho visto la scatola del mostro, con una bella colorazione commemorativa della defunta aeronautica della Germania Est (paese d’ origine di mia moglie), quella è stata la molla che ha fatto scattare la scintilla dell’acquisto, oltre naturalmente alle lodi tessute da Fabio, che mi ha decantato insistentemente gli innumerevoli pregi e gli inesistenti difetti ????? del modellone Koproin scala 1/48. E’ riuscito anche a convincermi ad acquistare il relativo foglio di fotoincisioni Eduard (vecchiotto e non eccelso), la mia prima esperienza con tale materiale, e due figurini CMK riproducenti altrettanti piloti di un non meglio precisato paese del patto di Varsavia.

Costruzione
Poiché all’epoca non possedevo una macchina digitale, non ho molte foto delle varie fasi del montaggio, per cui dovrete accontentarvi della descrizione.
Avrei dovuto cominciare la costruzione dall’abitacolo, ma il set foto inciso, non mi era ancora arrivato,questione di giorni, secondo Fabio.
Così ho cominciato a staccare e pulire i pezzi, e fare le prime modifiche.
Innanzi tutto ho ripassato tutte le pennellature con un incisore Squadron e i rivetti con un ago da cucito montato su un porta-lame, ripassando più volte la superficie del modello con carta abrasiva, al fine di ridurre la larghezza delle incisioni originali, veramente eccessive.




Ho aperto le prese d’ aria supplementari sui fianchi del muso, agendo prima dall’interno con una fresa e poi dall’esterno con un taglierino. Da notare che lo spessore della plastica era più idoneo a riprodurre la corazza frontale di un Tigre che le lamiere di un aereo.




I fari di atterraggio sono stati forati e ricostruiti in sprue trasparente.
Le imboccature delle prese d’ aria per il raffreddamento del vano motore sono state ricostruite con del finissimo lamierino di ottone.
Da dire che la loro forma è sbagliata, avrebbero dovuto esse molto più bombate sul dorso, ma all’epoca ero un felice modellista-cinghiale e non davo troppo peso a questi dettagli.
Magari i modelli erano meno realistici, ma il modellista era meno stressato.
Oltretutto mi domando: se non l’avessi scritto, quanti di voi se ne sarebbero accorti?




Non essendo all’epoca un “navigatore in rete” non ero a conoscenza dell’esistenza di ali in resina con flap e slat separati, per cui mi sono limitato a separare ed abbassare i flap, dal bordo d’ uscita troppo spesso, ma anche questo era uno degli innumerevoli problemi che all’epoca non mi ponevo, vedi discorso modellista –cinghiale fatto in precedenza.
Per quanto riguarda gli slat, ho considerato il lavoro troppo impegnativo ed ho lasciato perdere.




Ho trovato una grossa difficoltà ad incidere ed assemblare i piloni alari.
Innanzi tutto erano fatti una plastica durissima, segno che sono un aggiunta a posteriori nel kit, per cui la re- incisione è stata una pena, con l’incisore che se ne andava per le sue lasciando dei bei graffietti da stuccare un po’ ovunque.
Poi quella che doveva essere la superficie di contatto con l’ala aveva un profilo approssimativo e consentiva un’ incollaggio perpendicolare alla superficie della stessa, dotata di notevole diedro, e non a quella del terreno. Certosino lavoro di carta abrasiva, spine fatte con spilli, milliput, hanno finalmente consentito un saldo incollaggio.




Ho deciso anche di aprire un portello d’ ispezione posto sul lato sinistro della fusoliera, appena dietro il bordo d’ attacco dell’ala, e spesso osservato in questa posizione nelle foto degli aerei a terra.
I particolari interni sono stati ricostruiti con materiali vari, tra cui plasticard, balsa,fili di stagno e rame. Non sono un perfezionista e non mi soffermo a studiare questi dettagli in modo maniacale, non conto tutti cablaggi che restano visibili, ma mi limito, foto alla mano, a rappresentare qualche cosa di simile al vero.
I pistoni idraulici degli aerofreni sono stati ricostruiti con uno segmento di spillo.
I vani degli aerofreni sono stati aperti, in attesa delle fotoincisioni che ne riproducono il fondo.




Cablaggi e tubi dell’impianto idraulico sono stati aggiunti al carrello, auto costruendoli con filo di rame.
Ho migliorato leggermente l’aspetto del cono di scarico del motore aggiungendo dei petali auto-costruiti in plasticard all’interno dello stesso.




So che questa cosa farà inorridire molti dei modellisti più esperti, ma fedele alla filosofia del ”non si vede, non mi interessa sapere che c’è” non ho perso tempo a dettagliare il vano carrello, praticamente invisibile una volta fissato il modello sulla basetta.
D'altronde Leonardo mica ha dipinto la schiena della Gioconda su retro della tela!?!
Ho forato le razziere in corrispondenza delle bocche d’uscita dei razzi.
Le alette dei missili sono state assottigliate con carta abrasiva, mentre le ogive sono state tagliate e sostituite con particolari in sprue trasparente torniti sul minitrapano, incollati con la ciano,carteggiati per far scomparire la giunzione e debitamente lucidati.
Il canopy è stato termoformato su un master in balsa con dell’acetato, non tanto perchè ambissi a renderlo più trasparente, quanto perché lavorando in terrazza, in condizioni meteo avverse, una folata di vento particolarmente intensa,me l’ha fatto volare in cortile. Le prolungate ricerche della delicata parte si sono rivelate vane, per cui mi sono dovuto definitivamente rassegnare e dichiararla “missing in action” I frame laterali e la bugna al centro in alto sono in plasticard, mentre tutti i particolari all’interno sono in filo di rame ed ottone, tranne la tendina che è in carta.
Sono state anche praticate anche delle incisioni a serpentina rilevate dalle foto, non sono sicuro di cosa si tratti,anche se verosimilmente penso possa trattarsi di un cordone esplosivo che frantuma il plexiglass in caso di eiezione.




A questo punto avrei dovuto passare all’abitacolo e al seggiolino eiettabile per poi cominciare a chiudere la fusoliera, ma le foto incisioni non arrivavano! Dovevo prendere una decisione, fermare il tutto e cominciare un soggetto alternativo o andare avanti, ma come? All’epoca non ero stato ancora contagiato dalla sindrome da acquisto impulsivo, per cui le mie scorte, in cantina, ammontavano a 0 modelli.
Così ho deciso di costruirmi un piccolo scalo, per mantenere le semifusoliere perfettamente verticali, e poter incollare le semiali con lo corretto diedro.
Sono andato avanti con i piloni alari e tutti i particolari che normalmente si incollano prima della colorazione fino a quando ho ottenuto due mezzi aerei quasi completi.
Ma delle fotoincisioni nessuna traccia, ancora.
Vi sembrerà una follia, ma ho proseguito colorando i due mezzi aerei separatamente! Ho scommesso sul fatto che, l’invecchiamento dei colori, lo stacco creato dalla bella gobba sul dorso e le numerosissime pannellature sul ventre, fossero sufficienti a rendere poco visibili eventuali differenze sulle tonalità dei ritocchi applicati sulle linee di giunzione, una volta stuccate e carteggiate.

Colorazione
Ho cosi cominciato a colorare il modello secondo lo schema suggerito dal foglio istruzioni, usando gli smalti della gamma Model Master consigliati dal foglio Kopro nella confezione, solo il marrone scuro , RLM 81 Braun violet, non mi convinceva, e l’ho sostituito con l’Humbrol H 98.
Ho iniziato come al solito dalle superfici inferiori, non applico il pre-shading quando uso gli smalti, preferisco il post-shading.




Dopo aver spruzzato una mano uniforme di colore di base, ripasso il centro dei pannelli con lo stesso leggermente schiarito con del bianco, per poi evidenziarne i bordi con il colore scurito, nel caso dell’azzurro, con un grigio medio.
Infine riprendo ogni singolo pannello, mascherandone i bordi con il nastro Tamyia, e spruzzando del grigio Tamyia XF 24 diluitissimo a bassa pressione, (1 parte di colore, 9 di diluente Tamyia a circa 0.5 atmosfere ).
Se sono soddisfatto dell’effetto, e difficilmente ciò avviene poiché tendo sempre a scurire troppo, la fase di pittura propriamente detta è finita, se l’effetto ottenuto è troppo pesante, si vela ad aerografo con il colore di base fino ad attenuare le variazione cromatica al punto desiderato.
Per realizzare la mimetica sono ricorso a mascherature fatte con rotolini di gomma Patafix, in alcuni punti la cosa non è stata facile, considerando le forme tormentate del velivolo, però il gioco vale la candela, visto che, senza grosse difficoltà, si ottengono sfumature sottilissime e uniformi Lo schema sembra costituito da un colore di fondo verde scuro sul quale sono state applicate delle bande di altri colori. La tecnica è sempre quella, tre passate per ogni colore.
Si prosegue mascherando ogni singolo pannello, analogamente a quanto fatto per la parte inferiore e si spruzza il grigio chiaro Tamiya diluitissimo.
Purtroppo in foto quest’ effetto scompare quasi completamente.
Si termina con i vari panelli in materiale dielettrico (Humbrol ) e le parti in metallo naturale (Model Master) Ci sono voluti circa tre mesi per completare le due metà del modello e finalmente sono arrivate le agognate fotoincisioni! Nel frattempo un amico mi ha regalato anche il seggiolino in resina, se non ricordo male un Pavla, del tipo corretto, ma dedicato a qualche altro kit, per cui risultava desolatamente piccolo.
In qualche modo sono riuscito a rimuovere le cinture in rilievo dal seggiolino in resina e posizionarle sul seggiolino del kit, dettagliato con parte delle fotoincisioni dedicate e plasticard. Qualche particolare sulla paratia alle spalle del pilota è stato auto-costruito in scratch.








Ho completato l’abitacolo, chiusi i vani degli aerofreni, chiuso le due semifusoliere, leggera stuccatura e rimesso mano all’aerografo.
Devo dire che ero piuttosto trepidante, ma procedendo con calma sono riuscito a riprodurre tonalità di colore equivalenti a quelle del resto del velivolo, facendo coincidere perfettamente i bordi delle bande mimetiche.
Le colature di sporco e le perdite di liquidi vari sono state fatte ad aerografo con... non ricordo! Probabilmente una mescola di nero e marrone Tamiya diluitissimo.
Due o tre mai di cera per pavimenti Emulsio Facile, (credo che si chiami così perché è facile da trovare, l’ho vista in quasi tutti i supermercati) diluita 1 a 1 con acqua e qualche goccia di alcol hanno reso il modello lucido... e profumato.
Le decals del kit proponevano l’esemplare 546 in livrea commemorativa, inizialmente mi piacevano molto, ma col passare del tempo mi sono convinto che era meglio riprodurre un esemplare operativo, le limitata disponibilità di idonei numeri rossi di recupero, mi hanno fatto propendere per il 362, uno dei primi 10 velivoli ricevuti dall’aeronautica della DDR, in modo da rendere plausibile anche l’accentuato invecchiamento.
Una curiosità, sui Sukhoi della DDR la somma delle singole cifre dei codici tattici, non da mai 13! Stranezze e superstizioni che neanche il socialismo reale è riuscito ad eliminare!




Terminata l’applicazione delle decal, sono state sigillate con un’ ulteriore passata di cera, seguita da un leggero lavaggio a olio con il terra di Cassel nei pannelli.
Dei piccoli fori accennati con la punta di un’ ago hanno consentito l’applicazione dei dispersori elettrostatici, riprodotti in filo di rame, alle estremità di deriva,elevatori ed ali.
Tre giorni dopo una mano di opaco Model Master e scrostature effettuate con matita color argento, hanno terminato definitivamente la colorazione.
Non sempre faccio le scrostature a matita, ma quando lo faccio preferisco applicarle sopra l’opacizzante, si ha il grosso vantaggio di poterle attenuare con una semplice gomma da cancellare, se troppo marcate, attualmente però non uso più molto questa tecnica ( vedi articoli di F4U e FW 190 ) A questo punto ho incollato carrelli, i carichi sospesi, preparati a parte e dotati di spina in acciaio per l’accoppiamento al pilone, gli aerofreni in fotoincisione, il tettuccio ed ho fissato il modello su una semplice basetta, assieme ad un carrello auto-costruito per missile a guida televisiva e due figurini CMK.
Al fine di evitare coliche e mal di stomaco, raccomando vivamente i colleghi figurinisti di non guardarne i volti, una scultura non eccelsa resa inguardabile da una colorazione fatta malissimo, (dopo questa esperienza sono andato a ripetizione di figurini da un paio di amici figurinisti del club).




Un discorso ma parte meritano i due lunghissimi tubi di Pitot sul muso: Gli ho incollati sul modello prima di iniziare la colorazione, durante la quale gli ho rotti talmente tante volte da farmeli veramente odiare! E per fortuna non mi consideravo abbastanza esperto per utilizzare le alette degli stessi in fotoincisione, sarebbe stato un vero incubo. Eppure prevenire non sarebbe stato difficile, sarebbe bastato dotarli di spine, colorarli a parte e incollarli a modello finito.
A volte perdere qualche minuto in più a pianificare i lavori ti fa risparmiare molto tempo... e arrabbiature.










Basetta
La semplicissima basetta è stata realizzata colando della scagliola in una cornicetta Ikea, i piastroni stati incisi con una punta di compasso prima dell’asciugatura completa, la canalina di scolo dell’acqua con una lama curva.
Il tutto è stato colorato con colori Tamyia.
Le grate sono dei pezzi di Lego, assolutamente troppo larghe, un malcapitato aviere, con numero di scarpe inferiore al 67 (sessantasette) finirebbe inesorabilmente per incastrarcisi dentro fino alla coscia... però le avevo in casa, pronte e gratis.
Colori a olio e gessetti sono serviti per invecchiarle a dovere.
l’erba è un prodotto per ferromodellismo della Noch.
La scaletta, i ceppi per le ruote ( fedeli agli originali) ed il carrellino per il missile (molto semplificato) , sono autocostruzioni integrali in plasticard.




Da notare che dopo averli pitturati in rosso, colore usato dall’aeronautica Russa, ho realizzato che invece l’NVA usava il giallo, ed ho provveduto a correggere.




Conclusioni
Un modello realizzato in maniera anomala, ma che mi ha dato grande soddisfazione, tornando indietro avrei cercato di dotarlo di un armamento diverso, in particolare gli attacchi per 6 bombe da applicare ai piloni esterni non mi sarebbero dispiaciuti.
Una approssimazione deliberata è stata quella di usare, per il 362 rosso, numeri prelevati dal kit un Mig 21 Vietnamita o Cinese, leggermente diversi da quelli usati nella DDR, non lo rifarei.




Un errore clamoroso, invece, è stato quello di montare i lanciatori di flares anteriori, sul dorso della fusoliera, al contrario! Quando me ne sono accorto il modello era quasi ultimato e non me la sono sentita di metterci ancora le mani sopra.




È noto che una delle attività perverse a cui noi modellisti incalliti siamo dediti, anche se molti non lo ammetteranno MAI, consiste nel posizionarsi con aria distratta presso i propri modelli ai concorsi, e captare complimenti e malignità sui propri manufatti. OCCHIO!!!!!
Una delle critiche che ho captato ad uno dei vari concorsi a cui ho partecipato, da un ignoto modellista, riguardava l’aspetto troppo opaco.
Mi sono riguardato per bene le foto dei Su 22, dalle quali si evince che il grado di opacità della vernice variava molto a seconda dell’età e dei paesi di appartenenza. Quelli Polacchi e Libici, visti più di recente sembravano appena riverniciati e molto lucidi. L’estremo opposto era rappresentato da quelli Ungheresi, con vernici invecchiatissime e gessose.
In genere quelli della DDR avevano un aspetto leggermente satinato.
Ho deciso quindi di intervenire sul modello già bello e fatto ed incollato alla basetta.
La cera Emulsio Facile, non è lucida come la Future ed è molto meno densa, diluita con il rateo descritto in precedenza, può essere stesa in svariate mani, senza creare eccessivo spessore, aumentando di poco la brillantezza ad ogni passata.
E' bastato quindi mascherare approssimativamente tettuccio e parabrezza, e spruzzarla ad aerografo senza nessun problema, fino ad ottenere il grado di brillantezza voluto.
Provare per credere, ... e grazie all’ignoto criticone per avermi fatto notare l’imprecisione.




Spero che perdonerete questi peccatucci veniali e abbiate comunque apprezzato quanto di buono ho invece realizzato.

Buon modellismo a tutti.


Roberto Colaianni
[Gallery]
09.09.2011

Potrebbe interessarti anche:
Sukhoi Su-22 M4 Fitter K - Museo del Aire - Madrid


Commento di Massimo Maria De Luca [26/10/2011]:
Ciao Roberto
Innazitutto complimenti per il bisonte russo che avevo già visto su Skymodel.... poi complimenti ancora per il Tornado ed il dioramone.... e poi grazie per il tuo commento sul mio spillo tedesco!
saluti
Massimo

Commento di Roberto Colaianni [27/10/2011]:
Il Tornado non era nulla di speciale, come ho scritto, una costruzione praticamente da scatola per un collega...

Commento di Alby [04/09/2012]:
Ciao Roberto,
ho letto la tua biografia e visto le tue opere d'arte, questa è quella che mi ha colpito di +! spettacolare!!! ...e da "piccolo" ed anonimo principiante che sono ti invio i miei migliori complimenti :)

Saluti

Alberto "Alby"


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