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Esattamente alle ore 2:00 del 2 Agosto 1990 centomila soldati irakeni effettivi di una dozzina di Divisioni Corazzate e Meccanizzate assieme a reparti d'elite di commandos elitrasportati invadono il piccolo Stato del Kuwait.
 
Sono un numero di uomini cinque volte superiore agli effettivi dell'esercito Kuwaitiano e in pochissime ore si impadroniscono del Paese.
L'Onu, gli Stati Uniti d'America e l'Europa assistono increduli e sbigottiti di fronte a questa assurda aggressione, considerando che entrambi i Paesi sono stati alleati per decenni.
Temendo che questo scontro assuma proporzioni ben più vaste coinvolgendo tutti i Paesi del Golfo Persico l'Occidente ,appoggiato dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU inizia ad emettere sanzioni economiche contro l'Irak e contemporaneamente schiera un dispiegamento di uomini e mezzi aerei e terrestri sia in Arabia Saudita che negli Emirati Arabi Uniti al confine con Irak e Kuwait (Operazione Desert Shield).
A questo schieramento parteciparono le unità più prestigiose di Inghilterra, Francia e Stati Uniti, oltre a quelle di molti Paesi Mediorientali.

E arriviamo cosi alle prime ore del 24 Febbraio 1991, data in cui si scatena l'Operazione Desert Storm, che in cento ore porterà le truppe della coalizione il 28 Febbraio 1991alle ore 8,00 a liberare il Kuwait.
 
Vidi allora dalla TV e dai giornali le immagini terribili ma suggestive dei mezzi corazzati inglesi della 7ª Brigata Corazzata (i famosi Desert Rats) eredi delle epiche battaglie combattute in Nord Africa contro le truppe Italotedesche di Rommel.
Vidi poi le unità scelte e i mezzi della Legione Straniera Francese (Division Daguet) oltre naturalmente al fior fiore delle Unità dell'Esercito e dei Marines Americani.
 
E' stato un terribile conflitto combattuto prevalentemente fin dall'inizio dall'Aviazione Alleata, che con centinaia di incursioni ha polverizzato letteralmente le difese ed il morale del nemico.
 Sul fronte di terra vidi operare i mezzi corazzati più moderni e tecnologicamente più avanzati mai visti nei decenni precedenti, come gli Abrams M1A1 Americani scortati dai Bradley M2A2 e M3A3 affiancati dai vetusti ma ancora affidabili M551 Sheridan dei Parà della 82ª Airborne.
I Marines vi presero parte con gli M60A1/A3 e con varie versioni dell'M113 trasporto truppe.
Gli inglesi schierarono i carri armati Charlenger 1 MK 3 i Warrior, gli Spartan e gli Scorpion mezzi usati per Recon e trasporto fanteria.
I Francesi dal canto loro dispiegarono i carri armati AMX30B2,le autoblindo pesanti AMX10 R.C. e varie versioni del VAB trasporto truppe.
Gli Iracheni contrapposero materiale proveniente in larga parte dai Paesi dell'Est, come i vecchi carri T 54/55, i T62, e i più recenti T72, in dotazione ai reparti d'Elite della Guardia Repubblicana affiancati da BTR e BMP per trasporto unità di fanteria.
Questo scontro di uomini e mezzi rispecchiò due modi opposti di concepire una guerra moderna, l'uno irakeno basato sulle vecchie teorie sovietiche di difesa statica, l'altro quello Alleato strategicamente moderno ed eclettico basato su potenti offensive interforze condotte con l'ausilio di mezzi corazzati, Special Forces, satelliti spia, missili da crociera e un aviazione senza eguali.
 



Bradley M2A2 IFV, scala 1/35
Nella mia collezione di mezzi militari devo riconoscere di essere uscito di rado dal tema della 2ª Guerra Mondiale. Questo modello è una delle rare eccezioni.
Lo costruii almeno una ventina di anni fa, colpito da questo ibrido tra un carro armato e un mezzo da trasporto truppe includendo anche un potente mezzo da ricognizione corazzato.
Il modello è della Tamiya, preciso in ogni suo particolare, piacevole e veloce da assemblare.

Dalle foto del mezzo reale colpisce il modo in cui l'equipaggio sovraccarica l'esterno del carro con ogni sorta di equipaggiamenti (prassi ho notato comune negli eserciti americano ed israeliano) dando a noi modellisti cosi la possibilità di personalizzare il singolo modello.
Il colore è il classico yellow desert sand Humbrol, come fondo, e schiarito con il giallo più bianco con un pennello quasi asciutto.
 
Gli espertoni lo chiamano dry brush, ma,io faccio prima a farlo che a dirlo.
Poi ho rifinito il tutto con gessetti colorati di varie tonalità. Ho infine posizionato il modello su una semplice basetta (guai definirlo tagliere, il Giobbaz Nazionale si inalbera immediatamente) con un pò di sabbia mista a vinavil et Voilà ecco un ennesimo desertico esemplare aggiunto alla collezione.



Spero Ragazzi possa piacervi, in caso contrario chiedo Venia, la prossima volta cercherò di far meglio.
