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Torri costiere e soldati, in Sardegna

Stefano Deliperi




La pirateria barbaresca o saracena.
In gran parte delle coste italiane, fra il XV ed il XVII secolo, sorsero fortificazioni con la funzione di avvistamento e di difesa dalle scorrerie di pirati ed avventurieri musulmani. Le genti cristiane li chiamavano genericamente “turchi” o “saraceni”.




Esaurita la spinta propulsiva della jiahd, la guerra santa per portare la “vera fede” secondo gli insegnamenti del “profeta”, rimanevano le grandi spedizioni terrestri e navali verso l’Occidente cristiano guidate dalla Sublime Porta. Sistematicamente fermate, sebbene a fatica, dalle armi delle potenze cristiane (sotto le mura di Vienna, per l’ultima volta, nel 1683). E rimanevano, soprattutto, le scorribande navali dei pirati saraceni o barbareschi.




Con periodi di maggiore o minore frequenza, la piraterìa islamica (ma animata da numerosi capitani rinnegati) e la dura risposta degli Stati mediterranei cristiani insanguinava i litorali. Così come non mancavano momenti di tregua e fitti scambi commerciali nonostante il clima di ostilità.




La Sardegna era una delle mète preferite per le razzìe piratesche, fin dal secolo VII, a più riprese, fino ai primi decenni del XIX secolo.




Le torri costiere della Sardegna.
Lungo le coste della Sardegna fin dall’alto medioevo vennero erette torri per l’avvistamento delle flotte islamiche impegnate in scorrerie ed attacchi ai centri isolani. Sia i Giudicati sardi di Torres, Gallura, Arborea e Cagliari, le forme di governo dall’VIII al XV secolo, che le repubbliche marinare di Genova e Pisa, che hanno avuto forte influenza sull’Isola, realizzarono numerose fortificazioni costiere con la funzione anche di prima difesa contro gli sbarchi saraceni. A partire dal 1570 la corona spagnola iniziò a realizzare un sistema difensivo che coprisse tutto il litorale sardo. Nel 1581 il re Filippo II decise la creazione della Reale Amministrazione delle Torri per gestirne la costruzione, la manutenzione, l’approvvigionamento di mezzi e di soldati. Le torri si presentavano di tre tipologie:
· le più grandi e meglio armate erano dette Torri de Armas o Gagliarde (lo erano ad esempio la Torre di Cala Mosca e la Torre Grande di Oristano), la cui guarnigione era comandata da un alcalde ed armate tipicamente di quattro cannoni di grosso calibro, due spingarde e cinque fucili.
· quelle di media grandezza erano dette Senzillas, presidiate da un alcalde e quattro uomini e armate tipicamente di due cannoni di medio calibro, due spingarde e cinque fucili;
· mentre le più modeste, le Torrezillas, presidiate da due soldati, fungevano quasi esclusivamente da punto di osservazione.
Ciascuna torre era posizionata in modo che fossero a vista la torre precedente e la successiva, consentendo questo una rapida comunicazione lungo tutta la costa con appositi segnali luminosi o grafici. Le torri piu’ piccole avevano l’ingresso in alto, quindi i soldati di guardia entravano con una scala che veniva poi ritirata all’interno.




La Torre del Coltellazzo.
Lungo la costa meridionale del Golfo di Cagliari, nella parte occidentale, è situata la fortificazione nota come Torre del Coltellazzo. Su un piccolo promontorio (altezza mt. 32 sul livello del mare) che cinge la baia di Nora. La Torre domina la città fenicio-punica e poi romana di Nora. Come la Torre di Chia, anche questa venne costruita sulla collinetta che già in epoca fenicia ospitava un’acropoli. Da qui si dominano i tre porti di Nora. Dalla seconda metà del XVI secolo la torre doveva difendere le insenature e le peschiere da assalti corsari. Era in contatto visivo con le torri di Cala D’Ostia, San Macario e del Diavolo. Le fondazioni della torre poggiano sui resti di antiche strutture dell’acropoli di Nora, perciò dette Castellas. La denominazione “Coltellas” risale al Medioevo [1]. Dal 1740 il nome della torre si lega anche al vicino santuario di Sant’Efisio patrono di Cagliari e della Sardegna (”Coltellas de Sant’Efis”). Geografi ed esploratori militari ritenevano assoluta la necessità di costruire un posto di guardia fortificato nello scoglio del Coltellazzo, posizione ideale per vigilare il mare e l’immediato entroterra. Un posto di guardia fortificato esisteva dagli inizi del XVI secolo: da documenti del tempo emerge che nel novembre 1505 nel Municipio di Cagliari si discuteva dei salari delle guardie di Pula, Carbonara e Sant’Elia. In seguito (1578) i due uomini di guardia venivano stipendiati dal feudatario, il conte di Quirra. La Torre di Costellas de Pula entrerà in funzione solo nel 1607.


La torre aveva forma troncoconica con un piccolo parapetto verticale, diametro di base di 12 mt., spessore murario di circa 2 mt. e altezza di 11 mt. L’ingresso, aperto a circa 6 m dal suolo e rivolto a sud, immetteva in una camera interna, larga 7,5 mt. e voltata a cupola, con pilastro centrale e costoloni di irrigidimento. In essa erano ricavati alcuni ambienti, tra cui la stanza dell’alcalde, l’alloggio per i soldati, la santabarbara, i magazzini, la cambusa e la cucina. A destra dell’ingresso, una scala ricavata dallo spessore murario portava nella piazza d’armi. La terrazza era poi coperta da una mezzaluna.
Nel 1680 l’Aleo la chiama “Fortalleza Coltellaz[2]. Nel settecento funzionava come “Torre de armas”, cioè “gagliarda”, a difesa pesante, con una guarnigione di quattro uomini, l’artigliere e il comandante. La sua funzione rimaneva quella di proteggere il porticciolo.
Tra il 1722 e il 1728 la torre venne trasformata in forte ad opera dell’ingegner Antonio Felice de Vincenti, coadiuvato dall’ingegnere Bellin e dal capitano Audibert. Dal XIX secolo la torre subì interventi arbitrari che ne modificarono la fisionomia, sul nuovo terrazzo fu collocato un semaforo per segnalazioni nautiche.
Attualmente la Torre è utilizzata come semaforo dalla Marina Militare – Sezione fari Sardegna. Pertanto, può essere visitata soltanto dall’esterno.




Il diorama.
Il piccolo diorama prova a riproporre la reazione del presidio della Torre costiera e da truppe di rinforzo dopo l’avvistamento di una nave barbaresca. L’alcalde, il comandante della fortificazione, grida gli ordini con la spada sguainata, gli artiglieri preparano la colubrina, gli archibugieri – sugli spalti – prendono la mira, un picchiere è pronto a respingere l’assalto dei turchi, mentre l’alfiere tiene alto lo stendardo sardo[3] e un tamburino incita i suoi commilitoni. L’aiutante dell’alcalde apre la porta del muro che racchiude le stalle e l’accesso alla torre ai cavalieri che si allungano al galoppo per esplorare la zona alla ricerca del probabile punto di sbarco dei nemici.




Secondo cronache dell’epoca, nel 1520 accadde un sanguinoso scontro fra miliziani locali e presidio della fortificazione allora esistente a Coltellazzo con una spedizione barbaresca sbarcata per fare razzìa. La scorreria turca andò a cattivo fine (occidroxiu) per la decisa reazione dei (pochi) soldati presenti a difesa della zona costiera di Nora. La fortificazione allora esistente a Coltellazzo doveva essere molto più semplice e modesta di quella che possiamo vedere oggi: una torre di altezza non eccessiva ed una stalla con un muro di cinta. Le strutture dovevano essere di pietre squadrate, senza intonacatura (che si ritroverà solo in seguito). Le scarse finanze disponibili non dovevano garantire una frequente manutenzione (e la vegetazione cresceva abbondante).




I soldatini sono di varie e disparate provenienze, un vero melange. Spesso senza alcuna indicazione della fabbrica di provenienza. Si trovano alcuni medievali della toscana Mirliton, ma la gran parte è stata acquistata in bancarelle e negozietti di mezza Europa.




Le pose sono numerose ed piuttosto dinamiche, rendendo bene il realismo di una “scena” di guerra. I colori utilizzati sono gli acrilici Model con pennelli “tre zero” e “quattro zero”, la base è in pietra naturale e un leggero strato di cartoncino, mentre l’ambientazione è ottenuta da vegetazione artificiale della tedesca Jordan e con elementi naturali (legno, foglie secche, licheni).

Bibliografia.
E. Pillosu, Le torri litoranee in Sardegna, Cagliari, Tipografia La Cartotecnica, 1957;
E. Pillosu, “Un inedito rapporto cinquecentesco sulla difesa costiera di Marco Antonio Camos“, in
Nuovo Bullettino Bibliografico Sardo e Archivio delle tradizioni popolari, V, 1959;
F. Fois, Torri spagnole e forti piemontesi in Sardegna, Cagliari, La Voce Sarda, 1981;
G. Montaldo, Le torri costiere in Sardegna, Sassari, Carlo Delfino, Sassari 1992;
F. Russo, La difesa costiera del Regno di Sardegna dal XVI al XIX secolo, Roma, Stato maggiore dell’Esercito, Ufficio storico, 1992;
G. Montaldo, “Forti e Torri Costiere”, in Le Architetture fortificate della Sardegna centro-meridionale in Atti della Giornata di Studio, Cagliari, 16 ottobre 1999;
M. Rassu, Guida alle torri e forti costieri, Cagliari, Artigianarte, Cagliari 2000.












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