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6º Alpini, Monte Ortigara Giugno 1917

Andrea Tallillo


Tra i soldati italiani protagonisti della Grande Guerra, che del resto per noi voleva dire un fronte montano di rilevante estensione, ci furono gli Alpini.
La fama del prestigioso Corpo sin da allora era proporzionata al valore ed ai grandi sacrifici sopportati in trincea, con durissimi scontri che non sempre diedero risultati positivi, di fronte al sempre grande impegno profuso.
I Battaglioni alpini, 26 prima del 1915, salirono a ben 88, riuniti in 20 Gruppi più alcuni provvisori, che formarono 9 Raggruppamenti ripartiti in quattro Divisioni.

L'uniforme
Essa risaliva al periodo 1908-1909 ed era confezionata in panno grigioverde, con una giubba dal taglio semplice e pratico ma senza tasche esterne, con abbottonatura nascosta, colletto alto a punte arrotondate, maniche con risvolto a punta.
Almeno inizialmente, aveva sul retro a livello dei fianchi due spacchi chiusi da bottoni in frutto, che servivano a far passare il cinturino della buffetteria sotto la giubba.
Sul giromanica, in alto, era applicato un cuscinetto di panno, chiamato scherzosamente salamino, destinato ad impedire lo scivolamento degli spallacci dello zaino.
Sul colletto, erano cucite le mostrine, in panno verde con appuntate le stellette, sino al 1917 circa sui 'salamini' vi erano i numeri indicanti la compagnia, ricamati in bianco su di un rettangolo nero.
Anche i pantaloni, del tipo al ginocchio, erano nello stesso panno grigioverde e provvisti di due tasche oblique ai lati, venivano chiusi con legacci in tela.
Anche le scomode fasce gambiere erano in panno dello stesso tipo, coi calzettoni di lana si portavano gli scarponcini modello 1912, in cuoio naturale con rinforzi in cuoio marrone rossiccio alla punta ed al tallone e leggera chiodatura, alti sulla caviglia.
Col progredire del conflitto scomparvero i 'salamini' al giromanica ed apparsero tasche esterne applicate, specie per i sottufficiali.
Il copricapo, neanche a dirlo, era il classico cappello modello 1910 dalla tipica sagoma, in feltro grigioverde con fregio anteriore in filo nero e penna di corvo in una pappina di lana del colore del relativo battaglione – per esempio il bianco per il primo – o reparto, deposito eccetera.
L'equipaggiamento non era dei migliori ed anche per esso si avranno difficoltà di rifornimento, caso unico fra i belligeranti era armonizzato in parte col colore dell'uniforme.
Al cinturino con fibbia ed alle bretelle erano sospese le giberne a doppia tasca per le cartucce.
La dragona della baionetta era anch'essa in cuoio grigioverde, mentre il fodero era in cuoio.
Il tascapane modello 1907 era in tela grezza o robusta tela impermeabile grigia, con cinghia nello stesso materiale, portato agganciato sotto allo zaino od a tracolla.
Ai passanti esterni in cuoio si fissava la borraccia a botticella, in legno con rinforzi metallici, una linguetta di cuoio la fissava al cinturino oppure ad assicurarla all'esterno del tascapane.
Un oggetto molto importante per la vita quotidiana era l'umile gavetta metallica, anche in versione più grande per truppe alpine.
Era portata all'esterno dello zaino, con una cinghietta e fino al maggio 1918 sarà posta in una copertina in tela grigia.
La più diffusa maschera antigas verrà ad essere la cosiddetta 'polivalente Z', un derivato della diffusissima M2 francese, contenuta spesso in un cofanetto metallico verde, con scritta d'avvertimento serigrafata in nero, portato a tracolla con un cordone di cotone o più sottomano, appesa sul petto.
La spada-baionetta da 41.4 cm aveva lama ad un taglio.




Il figurino
Per avere un'ottima riproduzione in 54 mm di un alpino del periodo, da quasi cinque anni la Royal Model ha provveduto ad un soggetto molto interessante, specie per mancanza di concorrenti.
Si presenta in resina grigia, senza ritiri e con ben poche bave, una buona scultura ed una dotazione completa d'accessori, elmetto Adrian ed alpenstock compresi. Molto belli i dettagli come la penna sul cappello e la minuscola leva di caricamento del fucile 91, anche questo ben realizzato e che va solo trattato con una fresetta su trapanino sul fusto e sul calcio per simulare le venature del legno.
Al figurino sono applicabili ben poche modifiche, dopo aver allargato le maniche con una fresetta ho sostituito le mani, prelevandole dalla banca dei pezzi – quantomai utile in simili casi.
Un buon bisturi è venuto utile sia per levare i baffi dal viso che per togliere le cinghie dallo zaino, non volendo usarlo.
Con alcuni pezzi d'acciaio armonico, infilati a caldo, sono stati sostenuti meglio i pezzi di testa e braccia, gli ultimi due sotto al tacco degli scarponcini, in vista del successivo posizionamento sulla basetta.
Dopo aver incollato i pezzi principali, c'è solo da stuccare leggermente l'attaccatura delle maniche e, se vogliamo, dare una passatina con una fresa su trapanino all'uniforme, per avere automaticamente una superficie più ruvida, che faciliterà la successiva colorazione.
Senza troppo impegno dipingere un'uniforme di questo tipo, è sufficiente per prima cosa una mano leggera di Humbrol HB I, lumeggiato poi con un po' di verde e grigio, per la giubba, con verde più chiaro e bianco per i pantaloni, verde oliva e giallo per le fasce gambiere e le pieghe delle maniche.
Il cappello è dello stesso colore, ma con mescolato un po' di grigio, per la penna il tocco di realismo è dato lumeggiando con una punta di grigio di Payne ad olio il nero opaco di base.
Per il viso, non voglio confondervi le idee con la mia 'ricetta', è sempre meglio trovare una propria via pur prendendo l'ispirazione dalle realizzazioni dei figurinisti più quotati, comunque non mancano buonissimi spunti anche passando in questo sito.

L'ambientazione
Sarebbe lineare l'inserimento del nostro alpino in un paesaggio roccioso o di montagna, a tale proposito sono disponibili delle magnifiche rocce più o meno pronte in diversi cataloghi di prodotti per wargame fantasy, anche chi è più pigro o più banalmente non ha molto tempo non avrà troppe difficoltà a personalizzarle un po'.
Chi, invece, avendo più tempo a disposizione e volendo tentare qualcosa di più può realizzarsi da solo uno scenario che superi la molto semplice basetta compresa in qualsiasi confezione di figurino. Ci si rende presto conto che la più comune ambientazione possibile è la trincea, un simbolo di quel lontano conflitto anche per i più profani.
In essa si faceva uso di protezioni naturali o costruite, con materiali di rivestimento che andavano dai canonici sacchetti a terra ai gabbioni di vimini, tronchi, rami o traversine, con rappezzamenti vari dovuti al tiro delle artiglierie.
Un'ambientazione non difficile da ricreare, specie se si ha una banca dei pezzi discretamente fornita anche in questo senso.
Per prima cosa si può usare un pezzo di roccia vera, al quale si accostano dei pezzi di trincea ed una parete in gesso, il terreno circostante è un impasto a stravidi roccia e comune gesso da muri, sabbia e vinavil, il lavoro verrà bene se avremo l'accortezza di fissare il pezzo principale con una vite autofilettante dal basso della basetta.
Con un po' d'occhio critico nell'armonizzare le parti recuperate man mano con le precedenti, dalla nostra piccola fatica verrà fuori qualcosa di unico.
Dopo un paio di giorni d'asciugatura, ho piantato dei paletti di legno, ovvero i sostegni del filo spinato, scavando con delicatezza il gesso, guarnendoli con del tulle da bomboniera tagliato ad hoc e dipinto in metallo naturale ripassato a distanza di tempo con una miscela di marrone, giallo e rosso che simula la ruggine.
I barattoli, usati all'epoca come sistema d'allarme a basso costo, sono pezzetti di sprue svuotato pazientemente col trapanino, i loro coperchi sono realizzabili con un punzone applicato ad un semplice foglio di carta o d'alluminio.
La pittura ottimale del terreno è quella a tempera, visto il genere del fondo, anche se la diluissimo di molto resta consistente abbastanza da fare da base agli acrilici che useremo nella fase seguente per l'ombreggiatura.
Inserendo il figurino a sinistra ho preferito lasciare uno spazio spoglio riempibile in seguito con accessori, come la custodia della maschera antigas appesa alla trave di legno, completata col cordino, un filo da sutura chirurgica.
L'elmetto è quello del kit, verniciato in Humbrol matt 30, anche il badiletto è quello del figurino, le gavette hanno dei manici in filo di rame piegato e vanno verniciate di un colore argento spento, trattato poi con del nero.
La lama del coltello è in carta argentata, il secchio un comunissimo pezzo Italeri, col bordo più rifinito per ridurne lo spessore, riempito di colla a due componenti per simulare l'acqua, il manico è anche qui in filo di rame piegato e poi dipinto.
Tocco finale sono i cespugli di muschio essiccato naturalmente ed alcuni fiori reperibili nel campo dei ferrmodellisti.
Ho preferito attendere, per la lumeggiatura definitiva, dopo aver dipinto ed incollato il tutto, specie i pezzi più piccoli, il figurino va posizionato nella scenetta, controllando che il fucile abbia un suo realistico bilanciamento. Per l'invecchiamento preferisco usare i colori ad olio e non gli acrilici, li trovo più caldi nelle tonalità e più in grado di rendere bene l'effetto visivo di polvere, sporco eccetera.
Basta usarli in pochissima quantità e diluirli con spirito.

La collocazione storica
Per la seconda battaglia dell'Ortigara, era schierata anche la 52 a Divisione alpina, con la sua ventina di battaglioni del I e IV Raggruppamento, 10 batterie d'artiglieria da montagna e 13 campali. La mattina del 10 giugno 1917 la più grande massa di truppe alpine mai impiegata assieme attaccò in due colonne, incontrando una tenace resistenza.
Il 19 si ritentò, occupando la vetta a Quota 2105, che si dovette poi abbandonare a causa di potenti contrattacchi austro-ungarici.
Seguì un contrattacco italiano che però si rivelò inutile a sbloccare la situazione.
La battaglia finirà il 29 giugno, con perdite italiane – oltre 13.000, molte delle quali 'penne mozze' - senz'altro sproporzionate, non per nulla l'Ortigara verrà chiamato Calvario degli Alpini.
A poco erano servite le grandissime prove di disciplina, tenacia e sacrificio, che sin dai primi giorni non ebbero molte possibilità di successo travolgente.
All'Ortigara partecipò anche il Battaglione Verona del 6° Reggimento, di stanza nella mia città alla Caserma Pallone sin dal 1887.
Con uno sguardo stanco, da trincea, il nostro alpino riposa in vetrina, intanto alla Royal Model, assieme ai complimenti, chiedo se avremo presto altri soggetti del periodo, visto che ci avviciniamo ai 90 anni d'anniversario.

Per saperne di più, i testi consigliati sono :
 - L'uniforme grigioverde (1909-1918) S.M.E.
 - Il soldato italiano dal 1909 al 1945 – Rivista Militare 1988
 - Soldati della Prima Guerra Mondiale – Europa Militaria N. 3 – 1990
 - La guerra italo-austriaca 1915-1918 – Albertelli 1991


Andrea Tallillo

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12.04.2007




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