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Un piccolo L6 - Andrea Tallillo


Come per moltissimi mezzi corazzati italiani della Seconda Guerra mondiale, mentre sto scrivendo, le uniche repliche disponibili in scala 1.72 sono quelle riesumate da vecchi stampi degli anni'70 e le poche iniziative coraggiose in plastica ma più spesso in resina.
E' poco probabile, del resto, che un carro come lo L6/40 venga sfornato da una qualche potente casa orientale anche se la possibilità di ‘tedeschizzarlo' aumenterebbe di molto le vendite. Non resta, realisticamente, che aprofittare dell'unico kit in resina che sarà per molto all'altezza dei tempi, anche perché purtroppo il produttore ha cessato, a quanto sembra, l'attività, ovvero quello de Il Principe Nero.
In pratica è il nome di un negozio di Ponte San Giovanni (PG) che ha commercializzato una new entry, mettendo in ombra tutte o quasi le realizzazioni precedenti, italiane od estere.
Ringrazio l'amico Rodolfo Ciuffolotti, noto disegnatore e stampista, per avermi fatto conoscere questo interessantissimo kit.




Il kit in 1/72
E' un prodotto di alto artigianato, in resina di buona qualità di un sobrio color sabbia chiaro, lavorabile e con pochissime bolle d'aria.
Lo stampo è molto accurato considerando la scala, le dimensioni in generale quadrano e diversi più minuti particolari si apprezzano con una lente d'ingrandimento, il che denota un amore per i dettagli non comune, complimenti!
Apprezzabilissima l'idea di realizzare dei pezzi premortati, in modo da non farne un kit per i soli esperti, visto che la resina nelle scale piccole per alcuni è ancora un piccolo tabu'.
Il modello è cosi' composto da un numero essenziale di pezzi, allo scafo, completo di parafanghi e con già inserita la piastra inclinata anteriore, si aggiungono il treno di rotolamento già preparato per sottoinsiemi, gli attrezzi e la cingolatura preparata in sezioni già piegate e curvate nel caso delle ruote motrici e di rinvio.
Martinetto, fari, piccone e maglie di cingolo di scorta sono forniti a parte; la torretta è già predisposta col portello apribile, stampato internamente, ma solo da poco ci sono carristi italiani di buona fattura.






Date le premesse il montaggio non può essere che abbastanza rapido, pur avendo le solite accortezze di quando si lavora la resina, come l'uso di una seghetta circolare montata su trapanino per staccare i pezzi più piccoli dalle grosse sezioni di stampo e di un bisturi per eliminare i residui dello stesso.
In tutte le fasi della costruzione, attenti a tenere pulito il tavolo di lavoro da eventuale pulviscolo di resina, che non fa proprio bene se respirato.
Seguendo le istruzioni, semplici e chiare, non si dovrebbero incontrare particolari difficoltà, va dedicato solo un po' di tempo in più al treno di rotolamento, perché vi sono presenti zone più delicate dove la resina va lavorata e smerigliata con fresette montate su trapanino.
Si deve usare lo stucco solo limitatamente alla giunzione della paratia posteriore ed al riempimento di qualche piccolo ritiro o bolla d'aria.
Con del filo di rame di opportuno diametro rifacciamo il gancio anteriore di traino, incollandolo con del cianoacrilato, poi ricostruiamo i quattro ganci ‘a corna di bue' in rame più spesso.
Mentre il tutto s'asciuga, lavoreremo ancora con una fresetta per liberare da un po' di resina le fessure d'ispezione dei parafanghi anteriori e torneremo al filo di rame per rifarci il maniglione del portello laterale ed i montatoi presenti sui parafanghi.
L'unica vera difficoltà è data dall'applicazione dei cingoli, che sono belli e si piegano bene ma rimangono coi denti troppo grandi e faticano ad entrare nella ruota posteriore.
Dopo una serie di prove a secco e l'assottigliamento col cutter delle parti interne della ruota posteriore, i cingoli entrano a meraviglia.
E' preferibile, in questa scala, incollare tutto senza avere la tentazione di lasciare mobile qualcosa.
Concluderemo coi particolari molto piccoli come i fari, il rullo di scorta col suo supporto, la marmitta col suo innesto - da rifare - e la copertura assotigliata, mentre l'armamento è già fornito sotto forma di spillo, da accorciarsi un po'.




La verniciatura è stata realizzata dopo una sommaria pulizia con trielina sulle superfici e stendendovi prima una mano di grigio a smalto molto diluito.
Poi, dopo due giorni per l'asciugatura, è bastata una mano di giallo-sabbia Gunze, colore che si è dimostrato molto adatto, anche nella successiva canonica fase d'invecchiamento.
I cingoli vanno dipinti con una miscela di metallo e marrone, a smalto, ed i rulli del treno di rotolamento in un grigio non troppo scuro.
La marmitta è stata dipinta con una miscela di marrone e rosso, ad acquerello.
Per le decals non sono riuscito ad averne di decenti in tempo e ripiegando su decals di recupero il risultato non è stato il massimo. D'altronde l'aspetto del carro, dopo il successivo trattamento, è cosi' sporco che alcune neanche si notano. Ho scelto infatti la particolare mimetizzazione campale, a base di fango steso alla bell'e meglio, dei carri del LXVII Battaglione corazzato bersaglieri, che combattè sul fronte orientale nel 1942-43. I suoi carri erano arrivati in un bellissimo ma incongruente giallo-sabbia – il cosiddetto khaki sahariano com'era chiamato allora. La tinta fu mascherata col fango nell'autunno del 1942, in scala 1.72 si corre il rischio di applicare troppo spessore usando i metodi tradizionali, il tutto si può risolvere con uno strato di colore, Ho usato un lavaggio delicato ma non troppo con del nero e del Bruno Van Dyke ad olio, diluiti con acquaragia sintetica al 90%. Un solo lavaggio dovrebbe essere sufficiente, di più servirebbe solo a fare apparire il carro un ‘blob' su cingoli. Un piccolo trucchetto è stato, reperita la tavola centrale della vecchissima opera ‘Storia dei mezzi corazzati' della Fabbri, averla ridotta nella giusta scala. Con qualche verifica alle fotografie disponibili, un buon pennello 000 e la mano ferma, il tutto dovrebbe venire pure bene, a patto di farlo con calma. Se ci accorgessimo di aver steso delle pennellate troppo grandi, si potrà con un altro pennellino intinto nell'acquaragia, ridurle ottenendo nello stesso tempo un effetto sfumato più realistico.
Per la basetta, non ci sono stati grandi problemi, essendo bastato un pezzo di truciolato sagomato a rombo come supporto, su di esso è stata stesa una sottile ‘foglia' di Das bianco. Premendo leggermente il carro su questo strato, ancora fresco, ricaveremo il suo alloggiamento, senza che si vedano poi spazi tra il mezzo ed il terreno, quantomeno antipatici ! Il carro va incollato poi con una punta di cianoacrilato, pochissimo tempo dopo si può preparare e stendere una miscela di sabbia, vinavil, color marrone ad acquerello e pasta per ferrmodellismo Hydrozell. Il terreno vero e proprio cosi' ottenuto lo si lascia asciugare almeno un paio di giorni, poi si passa a lumeggiarlo, sempre usando acquerelli. Avere, per una volta, cambiato scala è stata un'utile esperienza – anche se non sono un cultore delle scale mignon aver portato a termine un modello cosi' piccolo è stato ‘cibo per la mente' avendo dovuto provare colori molto fini nella stesura, cosa che si è rivelata utile in seguito per certi dettagli sui più grandi carri nella mia ‘solita' ed amata 1 a 35 !




Per conoscere più in esteso la storia del carro e maggiori particolari sulla mimetizzazione e contrassegni del reparto citato in questo articolo, Vi rimando alle fonti più recenti - ovvero gli articoli sui Notiziari del Gruppo Modellistico Trentino citati nella bibliografia ed all'articolo bilingue apparso poco tempo fa sul Sito Internet del CMPR.


Bibliografia:
 - Carri armati leggeri n. 2/III - Edizioni Bizzarri 1974
 - La meccanizzazione dell’Esercito fino al 1943 - Ufficio Storico SME - 1989
 - Ground Power 15 - Italian fighting vehicles of WWII - Delta Publishing 1995
 - Notiziario GMT - Gruppo Modellistico Trentino - 3/04 e 1/05.


Andrea Tallillo

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12.07.2007




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