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Panzer II C, Afrika Korps - Andrea Tallillo


Il Panzer II fu uno dei primi carri armati tedeschi degli anni '30 ed il suo uso si protrasse sino al 1941-1942, sia in Russia che in Africa Settentrionale.
In quegli ampi spazi poteva ancora giocare bene il ruolo del carro leggero anche se ormai era inadeguato nei fattori protezione ed armamento.
Dal punto di vista modellistico, per riprodurre il tipo più comune, il C, dopo anni di monopolio Tamiya col suo vecchissimo kit della versione F ci viene in aiuto il modello russo della Alan Hobby, nulla di trascendentale ma ancora l'unico.
In attesa del prevedibile Dragon che prima o poi verrà fatto uscire, si può migliorare il modello russo partendo col cambiare versione.
Non è un lavoro improbo, basta arrivare alla configurazione tipica del 41-42, nient'altro che quella offerta nel kit ma con corazze supplementari e cupola del capocarro in torretta.
Le corazze si tagliano da lastrine di plasticard di opportuno spessore, seguendo disegni e schemi che pullulano su vari testi anche recenti.
E' più laborioso applicare la cupola – proveniente dalla banca dei pezzi, è un vecchio kit Tamiya – al cielo della torretta ma basta lavorare con pazienza e precisione.
Non è un lavoro di una settimana, anche perché il kit Alan non è proprio ai massimi livelli di realismo ai quali ci stiamo abituando - ma vedrete che la soddisfazione sarà più alta, nell'avere poi in collezione un Panzer II che ancora non esiste.
Per fortuna, rispetto a qualche anno fa, esistono diversi fogli di fotoincisione nonché i set di cingolo maglia per maglia che ci aiutano moltissimo a sopperire alle mancanze di realismo!




Dal punto di vista della colorazione c'è da divertirsi, per una volta si può benissimo seguire le vicende reali del soggetto, cioè completare il tutto con una mano di fondo panzergrau a smalto – che in un certo senso farà anche da primer armonizzando i diversi colori della plastica del kit, del plasticard e della cupola.
Avremo, a colore ben asciutto, un modello che ci potrà apparire uno sgorbietto, ma non è finita, come nella lontana realtà del 1941 applicheremo la mimetizzazione desertica, un giallo sabbia tendente all'arancio – diverso in questo dai giallo sabbia italiano ed inglese – usando una mano non troppo coprente.
Questo perché com'è facilmente intuibile l'azione della sabbia sulle verniciature era micidiale, esse non restavano a lungo coprenti e vive ma lasciavano spesso trasparire la mano di fondo precedente ed il tutto aveva un aspetto scialbo e vissuto.
L'invecchiamento è stato ottenuto con un velo di colori ad olio, da prendere stavolta dalla tavolozza di quelli molto chiari.
Non guasterebbero – trovandoli – i colori alla caseina, tipo i Pelikan Plaka, che darebbero già un aspetto opaco ed incrostato di sabbia anche alla più perfetta delle vernici.




Ovviamente, bisogna un po' ambientare il mezzo nel suo elemento usando terre colorate e polveri – reperibili nei cataloghi di varie ditte riproducendo un terreno spoglio sul quale spiccheranno solo cespuglietti secchi e qualche sasso.
Il figurino, nella tenuta tipica del primo anno di guerra nel deserto, è tratto dalla produzione Wolf – solo di recente ne sono apparsi anche in plastica di buona fattura, pochi anni fa questo era il massimo.
Lo stampaggio è eccellente e ci sono ben pochi interventi da fare, se non quelli comuni ad ogni figurino, come la pulizia delle varie parti ed un passaggio con fresette da dentista per irruvidire i capi d'abbigliamento in modo che spicchino rispetto alle parti del corpo esposte.
Non ci sono grandi modifiche da fare ma in compenso ci si sbizzarrisce con la colorazione, all'epoca si usavano ancora berretti neri senza visiera, con camicie tropicali e shorts – a volte tagliati dai pantaloni verdi d'ordinanza – ed i tipici ma costosi stivali 'Leinen und leder' in cuoio marrone e tessuto, abbastanza pratici da portare.
Ricordiamoci che un po' d'abbronzatura sul volto del carrista non guasta, visto che di sole se ne prendeva ad iosa!


Andrea Tallillo

[Gallery]

14.05.2006




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